Pagine

venerdì 29 aprile 2011

IO NON SCORDO

Sergio Ramelli, giovane militante del Fronte ucciso a colpi di chiave inglese nel 1975 da esponenti di Avanguardia Operaia . 
“Sono i primi giorni di gennaio, è il 1975.
All’istituto tecnico Molinari, in V° J il professore di lettere assegna ai ragazzi, tra gli altri, un tema di attualità.
Sergio Ramelli, che frequenta da due mesi la sede del Fronte della gioventù, non ha dubbi: parla delle Brigate rosse. Scrive che il primo delitto dei brigatisti è stato compiuto contro due missini, scrive che le Br sono un pericolo per la democrazia, scrive che Mazzola e Giralucci, purtroppo, sono ricordati come delle vittime solo dai loro compagni di partito, che i brigatisti non sono un pugno di romantici rivoluzionari, ma un’organizzazione manovrata.
Ha le idee chiare, non c’è dubbio. Forse, osserverà il professore, è rimasto impressionato da un editoriale di Giorgio Pisanò apparso sul Candido e ne riecheggia le tesi, chissà: il testo originale di questo tema, ovviamente, oggi non esiste più. Ma il suo contenuto se lo ricordano bene tutti, i professori e i compagni di classe di Sergio. Perché succede che il ragazzo incaricato di raccogliere i temi venga bloccato in corridoio da alcuni compagni di scuola, che fanno parte del collettivo politico più forte dell’istituto, quello di Avanguardia operaia. E che poi i ragazzi del collettivo si mettano a spulciare gli elaborati uno per uno, per capire cosa hanno scritto i loro compagni su un argomento così delicato. Nessuno saprà mai che voto avrebbe preso per quel compito Sergio, il professore non lo correggerà mai.
Poche ore dopo, infatti, nella bacheca dell’atrio due fogli protocollo fanno bella mostra di sé, affissi con le puntine. Sopra c’è una scritta rossa: ECCO IL TEMA DI UN FASCISTA. Il testo è costellato di sottolineature. Per quanto nessuno ancora possa nemmeno immaginarlo, quel tema, e la sua «correzione», sono l’inizio di una drammatica catena che, anello dopo anello, si chiuderà con la morte di Sergio.
C’è qualcosa, nella figura di Sergio come è stata ricostruita negli atti e nei ricordi di chi lo ha conosciuto, che colpisce ancora oggi. Non si tratta di cedere all’eterna tentazione di costruire agiografie retroattive, non è la solita attitudine alla santificazione del martire. Ma è come se Sergio, in qualche modo, fosse riuscito a restare refrattario al furore ideologico del suo tempo. È un fan sfegatato solo quando si tratta di Adriano Celentano (una «vera mania», assicura la madre). È un grandissimo appassionato di sport, soprattutto di calcio, gioca a pallone a livello semiprofessionistico. È tifoso dell’Inter ma raramente va allo stadio, non è interessato al tifo. Dice la signora Anita: In tutte queste cose, nella musica, nello sport, come nella politica non era un fanatico. Si interessava, gli piacevano, si entusiasmava, ci metteva il cuore, ma non l’ho mai visto urlare o irritarsi.
Così, ripercorrendo i suoi ultimi giorni, si trova anche qualcosa di stoico, in lui, nel modo in cui si avvicina alla fine. In quella lunga cronaca di una morte annunciata che sarà il suo omicidio, malgrado il moltiplicarsi dei segnali e delle minacce, incredibilmente Sergio non si lamenterà mai né chiederà soccorso ai camerati, che sicuramente, se avessero saputo, avrebbero fatto qualcosa per proteggerlo.
Fino all’ultimo terrà all’oscuro anche la sua famiglia, negherà l’innegabile, mentirà per nascondere la progressione delle aggressioni di cui viene fatto oggetto. Risulta dai verbali degli interrogatori che persino nei giorni in cui a scuola lo insultano e lo prendono a calci, lui continua a non raccontare niente ai genitori. Quando proprio non può, e la madre lo riempie di domande, scuote la testa e le fa: «Non preoccuparti mamma, non è nulla».
La giornata più drammatica, nel corso della lunga persecuzione che prepara il delitto, è quella del 3 febbraio 1975. Dopo molte discussioni, papà e mamma Ramelli hanno deciso di imporre al figlio di abbandonare il Molinari. A malincuore Sergio è costretto ad accettare, e quella mattina entra a scuola accompagnato dal padre per sbrigare le necessarie pratiche burocratiche. Purtroppo li stanno aspettando: nel corridoio della scuola padre e figlio sono aggrediti, picchiati e costretti a passare fra due file di studenti per un violento rituale di sottomissione.
Sembra la scena di un film di Kubrick, sembra un’arancia meccanica in salsa meneghina, e ancora una volta bisogna lasciare la parola a Grigo e Salvini per sapere come si conclude questa terrificante passeggiata:
Il ragazzo era stato colpito ed era svenuto, mentre lo stesso preside  e i professori che avevano scortato il Ramelli e il padre verso l’uscita erano stati malmenati.
Ancora più sconcertante la testimonianza del professor Melitton, secondo cui la preside aggredì il padre e gli disse:
«Ma non vede che lei e suo figlio siete un motivo di turbamento per la scuola?».
Marzo 1975. Roberto Grassi, ex studente del Molinari, ed esponente di spicco di spicco del servizio d’ordine di Avanguardia operaia, durante una riunione di cellula si rivolge a Marco Costa, universitario, numero due del servizio d’ordine di Medicina a Città Studi. Grassi è uno dei pochi tra i dirigenti del gruppo che conosca personalmente Ramelli. Ed è lui che preannuncia a Costa una decisione da tempo nell’aria: dovrà essere la sua squadra (proprio perché non è in alcun modo collegabile al giovane missino) ad aggredire il ragazzo. Sarà un battesimo d’azione, la prima sprangatura del gruppo. Sarà il primo delitto politico degli anni Settanta commesso per interposta persona, il primo delitto, a sinistra, realizzato «su commissione».
La comunicazione «ufficiale», invece, in un’organizzazione leninisticamente centralizzata e gerarchica, arriverà da un altro dirigente, Giovanni Di Domenico detto «Gioele». Infatti, Di Domenico avvicina Walter Cavallari e gli dice:
«Dovete andare a menare un fascio». Cavallari non se la sente.
Pochi giorni prima gli è stato chiesto di sprangare uno studente di Agraria, ma non è andata come pensava. Lo aggredisce, ma subito dopo ha paura, scappa: «Doveva essere un militante di acciaio temprato, e invece no, mi ero trovato davanti solo un uomo». Viene esautorato. Per uno che ha un dubbio ce ne sono dieci che non ne hanno.
Il suo posto lo prende Costa. L’azione si deve fare lo stesso. Dopo trent’anni Anita Ramelli abita ancora nella stessa casa di via Amedeo, con la finestra affacciata sul luogo dove avvenne l’aggressione a Sergio. Per ostinazione, per abitudine, per senso della memoria, non se ne è voluta andare.
Per anni su quel pezzo di muro si sono combattute grandi battaglie simboliche: prima i manifesti con le minacce, poi la guerra dei fiori e delle scritte, e addirittura una battaglia per i sacchi di immondizia che un portiere del condominio di fronte si ostinava a depositare proprio lì davanti, malgrado i cassonetti a pochi passi più in giù. Un giorno, gli amici di Sergio gli spiegarono che o sceglieva un altro posto per depositarli, o si sarebbe ritrovato i rifiuti in guardiola: cosa che puntualmente accadde, dopo l’ennesima sfida.
Non è facile dimenticare, nemmeno per un quartiere, soprattutto per chi non capisce che si possa continuare a combattere una guerra anche su qualche metro di marciapiede e di intonaco. Oggi, mani ignote, ma per chi sa individuabili, hanno dipinto su quella parete un grande murale, con una scritta e una croce celtica: SERGIO VIVE. È il modo che la comunità di cui Sergio faceva parte ha scelto per non dimenticare.
Ancora oggi, ogni tanto, mamma Ramelli si affaccia alla finestra di casa sua. Guarda il muro, e la scritta. E non dice nulla.


giovedì 28 aprile 2011

Interpellanza di Angela Napoli sui rifiuti in Calabria

INTERPELLANZA

La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, della Salute, dell’Economia e delle Finanze, dei Rapporti con le Regioni e della  Giustizia: per sapere – premesso che:

-    in data 12 settembre 1997 (quasi 14 anni fa) è stato dichiarato lo stato di emergenza e il 1° ottobre 1997 è stata diramata la prima ordinanza per l’emergenza nel territorio della regione Calabria nel settore dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, della bonifica e del risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinanti, nonché in materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione;

-    dal 1997 in poi con il carattere della continuità lo stato di emergenza del settore per la Regione Calabria è stato prorogato, da ultimo ancora nel febbraio 2011, e la figura del Commissario è stata affidata inizialmente ai Presidenti pro tempore della Regione e alternativamente a Prefetti, oggi all’ex Generale della Guardia di Finanza, Graziano Melandri;

-    dal 1997 sono state diramate una serie interminabile di ordinanze e circolari da parte del Ministero, dei Commissari delegati, dei sub-commissari, con l’unico risultato che a distanza di 14 anni permane lo stato di insostenibile emergenza nella Regione Calabria: 696 siti inquinati, riciclo in tilt, le strade del territorio colme di rifiuti, poca differenziata, progetti a metà, isole ecologiche solo sulla carta;

-    in poco meno di 14 anni sono arrivati in Calabria per l’emergenza ben 2 miliardi di euro che non è dato conoscere come siano stati spesi, considerato che la raccolta differenziata dei rifiuti oscilla tra il 13% e il 14%; il piano regionale delle discariche, previsto con ordinanza n. 2100 del 2/12/2002, per “abbancare” la spazzatura fino al 2018, è inesistente, alla luce dell’emergenza rifiuti che, negli ultimi mesi, si registra in Calabria;

-    dal 1998 sono stati, invece, creati una moltitudine di comitati tecnico-scientifici di vario tipo; progettazioni elefantiache di impianti rimaste sulla carta; 11 società miste pubblico-privato da affiancare alle tre esistenti; 14 presidenti di CdA;14 amministratori delegati; 14 direttori generali;52 direttori di sezione;98 impiegati vari;2800 operatori ecologici;

-    nonostante l’ampia serie di poteri conferiti al Commissario delegato, la Calabria non ha visto, ad oggi, l’attuazione dei necessari interventi di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi-urbani ed assimilabili, ma anzi ha registrato un  Piano regionale dei rifiuti assolutamente fallimentare e nefasto;

-    nel febbraio 2007 il Commissario delegato, prefetto Antonio Ruggiero ha fatto un drammatico resoconto della situazione durante un’audizione in Commissione parlamentare d’inchiesta sull’emergenza ambientale;

-    dal citato resoconto è emersa una pesante situazione debitoria, la mancanza di un reale bilancio, l’erogazione di centinaia di migliaia di euro ad avvocati amici, l’inutilizzabilità del programma di elaborazione dei dati contabili, il fallimento delle politiche nel ciclo dei rifiuti, la presenza alle dipendenze dell’Ufficio del Commissario di 64 dipendenti più 41 persone “fantasma” assunte con contratti stipulati da dirigenti del Ministero dell’Ambiente, la mancanza di allegati o atti che avrebbero dovuto produrre il servizio di controllo interno e dei verbali della verifica amministrativa e contabile;

-    sia la relazione del prefetto Ruggiero che quella di altri prefetti delegati, nonché le numerose interrogazioni parlamentari e le relazioni della Corte dei Conti, alle quali si sono aggiunte specifiche  denunzie, sono state oggetto di inchieste avviate dalle Forze dell’Ordine e dalla Magistratura calabrese e che tuttavia inspiegabilmente non hanno ancora portato a risultanze giudiziarie, così come sta avvenendo con il processo “Poseidone”, che vede diversi imputati, ma che per cavilli vari da anni non viene definito;

-    all’interpellante appare, altresì, inspiegabile la costante decretazione di proroga per l’emergenza ambientale in Calabria, a fronte sia dell’inutilità alla soluzione dello stato di crisi, sia della dichiarazione rilasciata il 13 giugno 2008 dall’allora Sottosegretario di Stato, Guido Bertolaso, “la Calabria può rientrare in pieno nella gestione ordinaria…”;

-    in questi ultimi mesi in Calabria è divenuto davvero allarmante e pericoloso il problema della raccolta dei rifiuti, non vi è territorio delle 5 provincie che non risulti invaso e pieno di definibili “discariche a cielo aperto”;

-    la mancanza di discariche appropriate alla necessità calabrese, la chiusura delle 409 piccole discariche comunali, tante quanti sono i comuni calabresi, in conformità al decreto Ronchi, la pressoché inesistente raccolta differenziata, un fantomatico Piano regionale dei rifiuti che prevede il raddoppio dell’unico termovalorizzatore di Gioia Tauro e solo uno studio per individuare un ulteriore impianto che possa servire l’area Nord della Regione, stanno facendo diventare la Calabria in condizioni decisamente peggiori di quelle vissute dalla Città di Napoli per i rifiuti;

-    la discarica di Pianopoli (CZ), privata e la più grande della Calabria, è costretta spesso a funzionare a ritmi ridotti, anche per la presenza di camion con materiale radioattivo; così come la struttura di Alli a Catanzaro, interessata da una frana che ha coinvolto un intero costone e questo ha provocato anche una fuoriuscita di liquido; la discarica di San Giovanni in Fiore (CS) e quella di Ponticelli (KR) che rischiano di essere dichiarate esaurite, la provincia di Vibo Valentia risulta priva di discariche:va di conseguenza che non potendo conferire i rifiuti alle discariche, il problema è di reale crisi;

-    la situazione risulta, altresì, delicata nella Locride (R.C.) a causa dei lavori di ampliamento della discarica di Casignana ed ancor di più nella Piana di Gioia Tauro dove da circa un mese i Comuni di Gioia Tauro e Taurianova sono in vera emergenza e dove è posta a rischio anche la salute dei cittadini;

-    tra Gioia Tauro e Taurianova, secondo alcune stime, ci sarebbero oltre 200 tonnellate di rifiuti nelle strade e la società Piana Ambiente che si occupa della raccolta dei rifiuti in undici Comuni della zona è spesso impossibilitata a scaricare a Pianopoli e Casignana le tonnellate di rifiuti raccolte;

-    non è di poco conto che la Piana di Gioia Tauro ha, in prossimità della città ed a poca distanza dal porto, l’unico termovalorizzatore utilizzato per il trasferimento dei rifiuti dell’intera Calabria, preselezionati in CDR e per il quale è stata avviata la costruzione del raddoppio, senza la concessione del terreno da parte del Comune e senza le relative valutazioni dell’impatto ambientale riferite alle maggiori potenzialità;

-    tra l’altro nella Piana di Gioia Tauro è previsto anche il raddoppio dell’elettrodotto Sorgente – Rizziconi, la cui condotta  è ad altissima potenza elettrica (380 KW);

-    allarmante è divenuto in quella parte del territorio calabrese l’incidenza di numerose patologie neoplastiche per cui occorrerebbero adeguate attività di monitoraggio per la qualità dell’aria e per l’immissione di fumi in atmosfera, nonché i valori di campo elettromagnetico presenti nell’area in questione;

-    dalle relazioni della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti in Calabria emerge un quadro estremamente critico e pieno di “zone d’ombra”; gran parte dei fondi comunitari destinati agli impianti non sono stati spesi; risultano “penetrazioni” della ‘ndrangheta nel settore, soprattutto in quello del trasporto;

-    la Società Tec  (Termo energia Calabria) Veolia che gestisce ed è aggiudicataria per il raddoppio del termovalorizzatore di Gioia Tauro è subentrata, nel 2000  in circostanze mai chiarite, ad un raggruppamento temporaneo d’imprese, e nel 2003 grazie ad un atto di sottomissione e ad una perizia di variante venne ridefinita con finanziamenti pubblici per far fronte ad una riduzione di tariffa, che era richiesta come compensazione ambientale per la popolazione della Piana di Gioia Tauro;

-    dalla relazione del 2011 della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti si evince che la società Tec Veolia “non essendovi sufficiente produzione di CDR in Calabria, lo importa da altre regioni italiane, posto che il CDR, in quanto rifiuto trattato, diventa rifiuto speciale e, come tale, non è più sottoposto a vincoli territoriali , come i rifiuti solidi urbani “; il che conferma le denunzie fatte dai sindaci dei Comuni della Piana di Gioia Tauro sulle tonnellate di combustibili scaricati a Gioia e provenienti da Veneto, Toscana e Lombardia;

-    l’attuale Commissario per l’emergenza ambientale in Calabria si limita a dichiarare: “Il sistema rifiuti della Calabria è miseramente fallito”, ma così come fatto dai Governatori, compreso l’attuale che ha avuto l’incarico per diversi mesi, non vengono impartite chiare attività di programmazione per far uscire la Regione dalla situazione emergenziale:

-    se, alla luce dell’assoluta inidoneità delle nomine di Commissari vari, non si ritenga revocare anche l’odierna nomina;

-    se non ritengano necessario ed urgente monitorare i risultati conseguiti in Calabria con 14 anni di commissariamento per l’emergenza ambientale;

-    se non ritengano di dover relazionare al Parlamento su come sono stati spesi gli ingenti finanziamenti piovuti in Calabria negli ultimi 14 anni per l’emergenza ambientale;

-    quali urgenti iniziative intendano attuare per garantire la definizione dello stato emergenziale ambientale e l’attuale situazione di paralisi e netta crisi del settore in Calabria.

On. Angela NAPOLI

La Corte Ue boccia Italia No a reato clandestinita'


Bocciata la normativa italiana che prevede la reclusione per gli immigrati irregolari che non rimpatriano

BRUXELLES - La Corte di giustizia della Ue ha bocciato la norma italiana che prevede il reato di clandestinita', punendo con la reclusione gli immigrati irregolari. La norma - spiegano i giudici europei - e' in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri dei clandestini.
Il caso preso in esame dalla Corte Ue e' quello di Hassen El Dridi, un algerino condannato alla fine del 2010 ad un anno di reclusione dal tribunale di Trento per non aver rispettato l'ordine di espulsione. Secondo la Corte europea di giustizia del Lussemburgo, ''una sanzione penale come quella prevista dalla legislazione italiana puo' compromettere la realizzazione dell'obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali''. Gli Stati membri - si legge nella sentenza - ''non possono introdurre, al fine di ovviare all'insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all'allontanamento coattivo, una pena detentiva, come quella prevista dalla normativa nazionale in discussione, solo perche' un cittadino di un paese terzo, dopo che gli e' stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e il termine impartito con tale ordine e' scaduto, permane in maniera irregolare su detto territorio''. Il giudice nazionale, incaricato di applicare le disposizioni del diritto dell'Unione e di assicurarne la piena efficacia, secondo i giudici Ue, ''dovra' quindi disapplicare ogni disposizione nazionale contraria alla direttiva - segnatamente, la disposizione che prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni - e tenere conto del principio dell'applicazione retroattiva della pena piu' mite, che fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri''. Il reato di clandestinita' per gli immigrati irregolari e' stato introdotto nell'ordinamento italiano nel 2009 nell'ambito del cosiddetto 'pacchetto sicurezza'.

mercoledì 20 aprile 2011

Auguri


Coordinamento Provinciale Crotone

Cari  amici,
nell’approssimarsi delle festività pasquali  sento la necessità di esprimere a tutti voi un mio personale e sincero augurio.
Spero davvero che la Pasqua di resurrezione possa essere per ognuno di noi momento di riflessione e ritrovata serenità e gioia da condividere con i nostri cari e gli amici sinceri.
Voglio ringraziare altresì i membri dell’esecutivo provinciale, i consiglieri provinciali di FLI, i coordinatori di circolo, gli eletti nei consigli comunali e tutti i tesserati  per il loro continuo apporto di energie e di lavoro finora svolto.
L’impegno anche in vista delle elezioni amministrative sarà rivolto a portare i nostri valori e il nostro apporto a tutti gli amici di FLI candidati o, dove non vi fossero, a quelli che si riconoscono nel protocollo etico del nostro partito.
Infine, mi sento di esprimere la mia vicinanza e quella di tutto il partito all’on. Angela Napoli  ricordando quanto sia difficile costruire l’organizzazione di “nuovo” partito in Calabria.
Auguri di una serena Pasqua.

Il Coordinatore Provinciale
Salvatore Claudio Cosimo

domenica 17 aprile 2011

Tettamanzi: ingiusti non vogliono essere giudicati


Il cardinale fa riferimenti all'attualità: la guerra, gli attacchi 

alla magistratura, l'immigrazione


MILANO 
- Quelli che stiamo vivendo oggi, secondo l'arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, sono «giorni strani. I più dotti potrebbero dirli giorni paradossali». Nella sua omelia per la celebrazione della Domenica delle Palme in Duomo, il cardinale ha ricordato le profezie di Zaccaria e poi, in poche battute, ha tracciato un quadro dei «paradossi» attuali della nostra società. Battute in cui è facile cogliere riferimenti a personaggi politici di primo piano della scena italiana. «Ad esempio, per stare all’attualità: perché ci sono uomini che fanno la guerra, ma non vogliono si definiscano come “guerra” le loro decisioni, le scelte e le azioni violente? Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni? E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?».
L'arcivescovo Tettamanzi (Fotogramma)L'APPELLLO AI CRISTIANI - Tettamanzi ha quindi tratto le sue conclusioni invitando i fedeli a un esame di coscienza: «Come sono, quindi, i giorni che oggi viviamo? Possiamo rispondere nel modo più semplice, ma non per questo meno provocatorio per ciascuno di noi, interrogandoci con coraggio sul criterio che ispira nel vissuto quotidiano i nostri pensieri, i sentimenti, i gesti». L'arcivescoco ha invitato a un atteggiamento di «attenzione, disponibilità e servizio agli altri e al loro bene», opposto a quello di «dominio superbo, subdolo, violento» che sembra predominare nella società. «Siamo allora chiamati a interrogarci sull'unica vera potenza che può realmente arricchire e fare grande la nostra vita, intessuta da tanti piccoli gesti: la vera potenza sta nell'umiltà, nel dono di sé, nello spirito di servizio, nella disponibilità piena a venerare la dignità di ogni nostro fratello e sorella in ogni età e condizione di vita», ha concluso l'arcivescovo di Milano.

sabato 16 aprile 2011

Sentenza Thyssen



CAMBIERA' DEFINITIVAMENTE L'APPLICAZIONE DELLE SANZIONI IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO


IL ROGO DEL 6 DICEMBRE 2007 PROVOCÒ LA MORTE DI 7 OPERAI

16 anni e mezzo all'ad colpevole di omicidio volontario




Omicidio volontario per l'amministratore delegato, omicidio colposo per i cinque dirigenti Thyssenkrupp. Con questa sentenza si è chiuso, ieri sera a Torino, il primo grado del processo Thyssen, a 1.226 giorni dall'incendio che nella notte del 6 dicembre 2007 uccideva sette operai al lavoro nella linea cinque dell'acciaieria del gruppo tedesco.
Un episodio che, secondo la Corte d'Assise di Torino, non fu un incidente ma un vero e proprio omicidio commesso con dolo eventuale da Herald Espenhahn (l'ad condannato a 16 anni e mezzo di reclusione) e colposo per gli altri cinque dirigenti (Marco Pucci, Cosimo Cafueri, Giuseppe Salerno, Gerald Priegnitz e Daniele Moroni), ai quali sono andate condanne comprese tra i 10 e i 13 anni.
La Corte ha accolto in toto le richieste dell'accusa, e nel caso di Daniele Moroni, le ha addirittura ritoccate all'insù, aumentando la pena dai 9 anni richiesti a 10 anni e 10 mesi. In totale, gli anni di reclusione previsti dalla sentenza sono 81 più 8 mesi, ai quali vanno aggiunti risarcimenti a sei zeri per le parti civili: due milioni e mezzo a Regione Piemonte, Comune e Provincia di Torino, 400mila euro ai sindacati Fim-Fiom-Uilm e Cub, 100mila a Medicina democratica, oltre tre milioni ai parenti e agli ex colleghi delle vittime (in totale circa 7 milioni). Non solo: la Corte ha anche previsto che la sentenza venga pubblicata su alcuni quotidiani nazionali e affissa nel comune di Terni, dove ha sede l'azienda.

giovedì 14 aprile 2011

Proccesso breve dubbi di costituzionalità

Non si cambiano le regole in corso di gioco  e, di conseguenza, non si cambia la legge nei processi già iniziati, perché non si possono accorciare o allungare i termini della prescrizione come fosse una fisarmonica.

 I termini della prescrizione giudiziaria, infatti consentono di esercitare un diritto entro ben precisi limiti temporali e nel processo penale, in particolare, consentono addirittura l’estinzione di un reato lasciando libero l’imputato fatto oggetto dell’obbligatorietà dell’azione penale. Modificare questo elementare principio giuridico vuol dire, in definitiva, che vengono stravolti i termini di un procedimento giudiziario, stabilendo, oltre a una disuguaglianza oggettiva di fronte alla legge, anche la retroattività di una norma priva di logica e in contrasto con la giustizia.
Far cadere in prescrizione un delitto o un illecito penale è antigiuridico e inammissibile. Farlo poi con una di quelle “leggine” settoriali e di comodo “ad personam” significa calpestare la maestà della legge.
Oggi noi chiamiamo “legge” uno strumento che nella gran parte dei casi legge non è, perché non risponde a quei caratteri di percettività generale ed astratta che sono peculiari della normazione primaria.
Il  processo breve, approvato ieri alla Camera è una di quelle leggine che, evidentemente in ossequio al premier e alla Lega, ci fa uscire dall’Europa e contraddice il primato storico “morale e civile” della nostra cultura giuridica nazionale. Come italiani stiamo dissipando la nostra cultura, il nostro passato, la nostra reputazione.
 Maria Ida Germontani

Da oggi la giustizia è peggiore


Avete umiliato il Parlamento, convocandolo per approvare una legge solo per ragioni processuali. C’è una sommaria arroganza del governo su quello che vi interessa e indifferenza per quello che non vi interessa affatto. Siete garantisti con i potenti e manettari con i poveracci.
Voi lavorate per assolvere i colpevoli, altro che garantismo. Come si potra’ difendere il ruolo di una seria immunita’ parlamentare se voi avete deciso che e’ una verita’ di Stato il fatto che il premier ha chiamato la Questura di Milano convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak?
Noi di Fli siamo il vero centrodestra liberale, legalitario ma garantista. Non so cosa succedera’ al Senato di questo provvedimento ma sappiano tutti gli italiani che da oggi la giustizia e’ peggiore.
Benedetto Della Vedova, Capogruppo FLI – Camera dei Deputati

venerdì 8 aprile 2011

A quando il nuovo rogo?

pronta per essere riempita di nuovo...ma l'amianto e i rifiuti speciali che non si bruciano restano li



Comune di Rocca di Neto - e la sabbia andò via....

l'idea innovativa dell'amministrazione comunale di riempire le buche di sabbia non ha dato i frutti sperati.
pure senza pioggia la sabbia è andata via....
chissà se invece un pò di semplice bitume sarebbe durato?







L'uomo che volò oltre la Terra

12 Aprile 1961  La leggenda di Jurij Gagarin



Mercoledì 12 aprile 1961, il ventisettenne cosmonauta russo Jurij Alekseevič Gagarin (1934-1968) compiva il primo volo intorno alla Terra sulla navicella spaziale Vostok, rientrando, come titolarono i giornali dell’epoca, «incolume dallo spazio dopo aver fatto il giro della Terra in 90 minuti» (più precisamente furono 108).

Gagarin fu il primo uomo a volare nello spazio. Tutto il mondo fu sorpreso da quell’inaudita avventura extraterrestre: entusiasmo di folla a Mosca, profonda eco nel mondo. I contemporanei non avevano dubbi: «La data del 12 aprile 1961 passerà alla storia come l’inizio di un’era».



«Dagli oblò vedevo le nuvole e le loro ombre leggere proiettate sulla lontana e cara Terra. Poi, guardando il cielo, si risvegliò in me il figlio del colcosiano: il cielo era nero, pieno di stelle, come un campo arato e seminato di fresco. Ero felice, ma c'era in me paura quando pensavo che m'era stato affidato questo ordigno cosmico, tesoro inestimabile costato tante fatiche e denaro al mio popolo». Così Juri Gagarin, tra emozione e celebrazione, raccontava le sue impressioni di primo viaggiatore dello spazio.

giovedì 7 aprile 2011

Generazione Futuro incontra Fini

Manifestazione nazionale Generazione Futuro – Bari 9/10 aprileVilla Romanazzi Carducci – via Giuseppe Capruzzi, 326

PROGRAMMA
SABATO 9 APRILE
Ore 14:00 - Accredito e Start
Ore 14:30 – 19:00 – Lavori dei 6 “Forum per l’Italia
Ore 19:00 – 19:30 - “Cos’è la meritocrazia”, incontro con On. Benedetto Della Vedova
Ore 19:30 – 20:30 – “FLI: il partito dei giovani italiani”, incontro con On. Roberto Menia
Ore 20:30 – 21:00 – “Contro tutte le Mafie”, incontro con On. Fabio Granata
Ore 21:00 - Cena-incontro con il Vicepresidente di Futuro e Libertà, On. Italo Bocchino @ “Nessun Dorma”, Via Fiume 3 – Bari
A seguire “la generazione futuro by night” @ “Alterno” (con consumazioni ridotte per tutti gli accreditati)
DOMENICA 10 APRILE
Ore 08:00 - Colazione
Ore 10:00 – Inizio Convention “Noi Generazione Futuro”

Saluti di:
Giuseppe Tatarella – Comitato Promotore nazionale Generazione Futuro
On. Francesco Divella – Coordinatore regionale Futuro e Libertà Puglia
Ore 10:30 – Relazioni conclusive dei 6 “Forum per l’Italia
Ore 11:30 — Intervento di Gianmario Mariniello – Coordinatore nazionale di Generazione Futuro
Ore 12:00 – Intervento del Presidente Gianfranco Fini
Ore 15:00 – Check out
Per ogni info scrivere a noi.generazionefuturo@gmail.com