Maersk, il colosso danese numero uno al mondo nel trasporto container, lascia il porto di Gioia Tauro. La notizia si è abbattuta ieri, come uno tsunami, su uno scalo che finora, nonostante i postumi della crisi economica globale, le contrapposizioni tra terminalisti e sindacati, il fermo di 30 ore, ai primi di gennaio, per mancanza di navi, rappresentava uno dei punti di forza dell'economia calabrese.


La situazione è particolarmente grave: fino a ieri la compagnia aveva, su Gioia, sei servizi diretti con navi madre che poi, nel porto, trasbordavano i container su navi feeder, le quali li portavano in altri scali. Tutti quei servizi ora vengono eliminati e resta solo quello dedicato all'import-export di container per il Sud Italia. In pratica, per Maersk, Gioia Tauro perde completamente la sua funzione di porto di transhipment per diventare uno scalo di stazionamento di pochi container, destinati esclusivamente al Meridione.
La compagnia, ha spiegato il presidente dell'Autorità portuale, Giovanni Grimaldi, servirà Gioia con un solo «feeder, in collegamento da Genova». Nel 2010, il porto calabrese ha movimentato 2,85 milioni di container. Maersk rappresenta il 25% di questo traffico e quindi a tanto ammonta la perdita che lo scalo subirà. Un crollo molto forte, arrivato in un momento in cui Gioia mostrava un trend positivo. Tra gennaio e aprile 2011, infatti, sono stati movimentati 969mila teu, contro gli 865mila dello stesso periodo del 2010.
Eppure i segnali dell'abbandono di Maersk arrivavano da tempo, con un rallentamento della movimentazione, che faceva il paio con l'allarme dell'altro grande armatore che opera sullo scalo: Gianluigi Aponte. Il timoniere di Msc, a gennaio di quest'anno aveva dirottato le navi da Gioia al Pireo, aprendo la via a 30 ore di fermo del porto (per mancanza di arrivi) e denunciando sulle banchine calabresi «assenteismo e bassa produttività».
Un porto, aveva detto allora Aponte, «deve essere in condizione di lavorare 365 giorni l'anno e invece questo, a Gioia Tauro, non avviene (si veda il Sole 24 Ore del 18 gennaio, ndr)». Ma se, da un lato, pesano le osservazioni sulla produttività degli addetti, dall'altro Gioia Tauro viene schiacciato dal basso costo del lavoro nei concorrenti porti di transhipment nordafricani.
Maersk, nonostante la port Authority di Gioia abbia azzerato le tasse di ancoraggio, trova più conveniente fare scalo a Port Said, per i trasbordi. E comunque, mettendo in attività, nei giorni scorsi, un nuovo servizio con navi madre dall'Estremo Oriente su Genova ha deciso di saltare Gioia Tauro: «La nostra intenzione - ha annunciato Todd Pigeon, ad di Maersk Italia - è rimanere competitivi sul mercato e perciò dobbiamo rivolgerci a scali, a loro volta, sempre più competitivi. Abbiamo deciso, quindi, di non scalare Gioia Tauro col nostro nuovo servizio. In questo modo ci è possibile arrivare più velocemente a Genova, riducendo i tempi di percorrenza».
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