Green economy, un'occasione per l'Italia:
"Infrastrutture verdi", sviluppo post-cemento
ROMA - La natura come alleato nella battaglia contro il caos climatico. L’economia italiana può ripartire da qui. Anzi è già ripartita da qui: pochi se ne sono accorti perché, nel quadro generale di crisi, questa spinta positiva per ora è riuscita a ridurre la misura della recessione, non ad annullarla. Ma un’impresa su 4 fa già investimenti green ed è in questo gruppo che si trovano punte di eccellenza nell’export e una capacità d’innovazione più che doppia rispetto alla media delle aziende.
Dopo il quinto rapporto dell’Ipcc, la task force di scienziati Onu che ha confermato lo scenario più allarmante, il disastro climatico legato al modello di produzione basato sui combustibili fossili, il ministero dell’Ambiente ha annunciato oggi la prima conferenza nazionale sulla "Natura dell’Italia: biodiversità e aree protette: la gren economy per il rilancio del paese". Una proposta che utilizza in maniera provocatoria un termine poco popolare tra gli ambientalisti: "infrastrutture".
Per decenni la parola "infrastrutture" è stata legata alle polemiche sull’espansione continua di strade e autostrade (abbiamo il record di macchine per mille abitanti: 606) e di cemento (il 7,3% del territorio italiano ha una copertura artificiale contro il 4,3% della media europea), ma questa volta si parla di "infrastrutture verdi". "Dobbiamo rovesciare la prospettiva, smettere di provare senza successo a ingabbiare i fiumi nel cemento e ridare spazio agli strumenti naturali di consolidamento del terreno e di espansione delle acque: rimboschimenti mirati, cura delle colline, aree di esondazione delle acque di piena, gestione dei boschi", propone Stefano Leoni, della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, anticipando i temi della conferenza sul rapporto tra infrastrutture verdi e capitale naturale che si terrà a Milano il 3 ottobre.
Se gli ecosistemi svolgono un lavoro gratuito di depurazione e mantenimento della stabilità del terreno che è stato spesso sottovalutato, attorno alla natura protetta si sta già muovendo un’economia in ripresa: l’anno scorso la crescita delle imprese è stata maggiore nelle zone tutelate. Un dato legato al nostro record europeo per ricchezza di specie: 57 mila animali e 5.600 vegetali.
Dopo il quinto rapporto dell’Ipcc, la task force di scienziati Onu che ha confermato lo scenario più allarmante, il disastro climatico legato al modello di produzione basato sui combustibili fossili, il ministero dell’Ambiente ha annunciato oggi la prima conferenza nazionale sulla "Natura dell’Italia: biodiversità e aree protette: la gren economy per il rilancio del paese". Una proposta che utilizza in maniera provocatoria un termine poco popolare tra gli ambientalisti: "infrastrutture".
Per decenni la parola "infrastrutture" è stata legata alle polemiche sull’espansione continua di strade e autostrade (abbiamo il record di macchine per mille abitanti: 606) e di cemento (il 7,3% del territorio italiano ha una copertura artificiale contro il 4,3% della media europea), ma questa volta si parla di "infrastrutture verdi". "Dobbiamo rovesciare la prospettiva, smettere di provare senza successo a ingabbiare i fiumi nel cemento e ridare spazio agli strumenti naturali di consolidamento del terreno e di espansione delle acque: rimboschimenti mirati, cura delle colline, aree di esondazione delle acque di piena, gestione dei boschi", propone Stefano Leoni, della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, anticipando i temi della conferenza sul rapporto tra infrastrutture verdi e capitale naturale che si terrà a Milano il 3 ottobre.
Se gli ecosistemi svolgono un lavoro gratuito di depurazione e mantenimento della stabilità del terreno che è stato spesso sottovalutato, attorno alla natura protetta si sta già muovendo un’economia in ripresa: l’anno scorso la crescita delle imprese è stata maggiore nelle zone tutelate. Un dato legato al nostro record europeo per ricchezza di specie: 57 mila animali e 5.600 vegetali.
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